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venerdì 19 agosto 2016
giovedì 11 febbraio 2016
mercoledì 3 febbraio 2016
Fonti energetiche in Italia: pro e contro
POSTATO DAL PROF. DI ITALIANO:
Ne abbiamo parlato proprio oggi
durante la supplenza di Tecnologia; leggete questo articolo e fatelo leggere al
prof. di Tecnologia
Sotto l'Italia c'è un tesoro
la corsa all'oro nero
vale nove miliardi l'anno
di Paolo Griseri
Una piattaforma petrolifera nel Mare Adriatico
Non è vero che l'Italia è povera
di risorse naturali. Il problema è che le sfrutta male. Questo sostengono i
fautori delle trivellazioni per la ricerca di nuovi giacimenti di gas e
petrolio. Sul fronte opposto combattono i teorici dell'abbandono delle fonti
energetiche fossili «a favore di un diverso modello di sviluppo», come ha detto
nei giorni scorsi il governatore della Puglia, Michele Emiliano.
I numeri sono chiari. Dai pozzi
italiani nel 2014 sono stati estratti 5,7 milioni di tonnellate di petrolio e
7,3 miliardi di metri cubi di gas naturale. Cifre importanti. Perché
rappresentano il 10,3 per cento del fabbisogno di petrolio e l'11,8 del consumo
di gas del Paese. Tutto questo ci fa risparmiare ogni anno 4,5 miliardi di euro
sulla bolletta energetica. I dati di Assomineraria, l'associazione di settore
di Confindustria, dicono che la nostra dipendenza dall'estero in fatto di
bolletta energetica è molto superiore alla media europea: i Paesi nel Vecchio
Continente importano il 53 per cento del loro fabbisogno di carburanti mentre
in Italia la percentuale schizza all'82. E, particolare significativo, questo
divario è rimasto sostanzialmente immutato dagli anni Settanta ad oggi.
Quanto potranno incidere nel
futuro degli approvvigionamenti energetici italiani le fonti alternative? Lo
studio presentato nel 2012 da Rie (Ricerche industriali ed energetiche) per
conto di Assomineraria, basato su dati Terna, non è molto incoraggiante. Nel
2025 continueremo a dipendere per il 74 per cento da petrolio e gas
(rispettivamente 35 e 39 per cento del fabbisogno nazionale) mentre l'incidenza
delle energie rinnovabili non supererà il 15 per cento (era l'11 nel 2010). Il problema
è che petrolio e gas li importiamo. E al 60 per cento provengono da aree
politicamente complicate come Russia e Algeria. Le importazioni ci costano: nel
2011 abbiamo pagato 63 miliardi di euro, il 4 per cento del pil. È difficile
immaginare che nuovi pozzi e nuovi giacimenti possano azzerare quella spesa. Ma
le potenzialità di miglioramento della bilancia energetica sembrano
significative. Nel 2010 si stimava che i giacimenti petroliferi in territorio
italiano non sfruttati valessero 187 milioni di tep, le tonnellate equivalenti
di petrolio. In quello stesso anno la produzione italiana era stata solo di 5,1
milioni di tep. Analoga la situazione per il gas: la produzione italiana nel
2010 è stata di 6,3 milioni di tep contro riserve stimate in 82,4 milioni. Lo
stesso studio ipotizzava, ma eravamo nel 2012 e si sono già persi tre anni, che
una politica di apertura di nuovi pozzi avrebbe potuto raddoppiare la
produzione di petrolio e gas entro 15 anni. Passando da 11,9 milioni di tep
(5,3 di petrolio e 6,6 di gas) a 21,6 milioni di tep complessivi. Un salto
notevole che porterebbe da 4,5
a 9 miliardi di euro il risparmio sulla bolletta
energetica italiana a prezzi costanti. Ma soprattutto, si legge nello studio,
le attività di ricerca e trivellazione consentirebbero di aggiungere «alle
riserve accertate ampie riserve individuabili di petrolio e di gas nell'ordine
di 265 milioni di tep, accertabili solo a seguito di adeguati investimenti in
esplorazione». È su quei 265 milioni di tep che si gioca la battaglia delle
trivellazioni. Con scontro sui costi e sull'ambiente. Oltre che sui posti di
lavoro. Per cercare nuovi giacimenti, le aziende promettono investimenti per 17
miliardi nell'arco dei prossimi quattro- cinque anni. Mettono in campo le cifre
dell'occupazione di un settore che con 117 piattaforme a mare e 30 siti di
produzione a terra (il principale in val d'Agri, Basilicata) dà da lavorare a
oltre 10mila addetti diretti e a più di 20mila nell'indotto.
Contro le convenienze economiche
e occupazionali si schierano i timori degli ambientalisti: il pericolo di
sversamenti in mare e il rischio di movimenti tellurici legati all'estrazione
del gas. Il coordinamento No Triv ipotizza che le attività estrattive in Emilia
Romagna possano aver causato il sisma del 2012 e che la tecnica di esplorazione
air gun, che consiste nello sparare sul fondale aria compressa, possa alterare
l'equilibrio della fauna marina. Assomineraria risponde che nel 2014 gli
sversamenti in mare sono stati nulli e che non ci sono prove di relazione tra
terremoti e attività estrattiva. «Al largo di Ravenna — aggiungono i
sostenitori delle perforazioni — le piattaforme off shore sono diventate meta
turistica e ospitano prelibate colonie di cozze». Sarà. Ma è difficile
immaginare che le cozze faranno cambiare idea ai No Triv.
(pubblicato da la
Repubblica il 20 gennaio 2016)
62 persone al mondo ricche quanto metà della popolazione tutta assieme
POSTATO DAL PROF. DI ITALIANO:
Leggete questo interessante
articolo di geografia economica (fa parte del programma di Geografia di
quest’anno)
I 62 padroni del mondo
di Enrico Franceschini
Un gruppetto di miliardari che
potrebbero stare tutti in una stanza ha un patrimonio più grande di quello
della metà più povera della popolazione della terra. Detto in cifre, 62 persone
sono più ricche di 3 miliardi e 600 milioni di persone tutte assieme. È il dato
più impressionante del rapporto pubblicato ieri dalla Oxfam, una delle più
importanti organizzazioni umanitarie, sul gap tra ricchi e poveri nel nostro
pianeta. Il patrimonio dell'1 per cento più ricco della popolazione mondiale ha
superato nel 2015 quello del restante 99 per cento dei terrestri, afferma il rapporto,
fotografando una forbice di diseguaglianza che si allarga sempre di più. E che
riguarda anche il nostro Paese: l'1 per cento più ricco degli italiani, secondo
la stima di Oxfam, possiede il 23,4 per cento della ricchezza nazionale.
L'evasione fiscale, in particolare la cosiddetta evasione legalizzata,
consentita da scappatoie nelle normative tributarie e dai paradisi fiscali,
viene indicata come una delle cause principali del fenomeno.
«Lo scarto tra i super ricchi e
il resto della popolazione si è accresciuto in modo spettacolare negli ultimi
dodici mesi», osserva il rapporto intitolato
Un'economia al servizio dell' 1
per cento. Usando la classifica della rivista americana Forbes sui più ricchi
della terra, Oxfam ha calcolato che dal 2010 allo scorso anno i 62 super
miliardari in testa alla graduatoria, tra cui i giganti del web come Bill Gates
di Microsoft, Jeff Bezos di Amazon, Mark Zuckerberg di Facebook, Larry Page di
Google, e poi nuovi ricchi cinesi, sceicchi arabi, petrolieri russi (e due italiani,
Maria Franca Fissolo Ferrero, titolare dell'impero della Nutella, e
l'imprenditore di Luxottica Leonardo Del Vecchio), hanno visto aumentare il
proprio patrimonio collettivo di 500 miliardi di dollari arrivando nel 2015 a un totale di 1.760
miliardi di dollari. Nello stesso periodo, la ricchezza dei 3 miliardi e 600
milioni di persone più poveri, ovvero metà della popolazione mondiale, è
diminuita di circa 1.000 miliardi di dollari, un calo del 41 per cento. Ricchi
sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, un trend indicato anche da un
altro dato del rapporto: nel 2010 ci volevano i 388 più ricchi della terra per
ammassare un patrimonio pari a quello della metà più povera della popolazione
mondiale, nel 2011 ci volevano 177 ricchi, nel 2012 ne erano necessari 159, nel
2013 ne bastavano 92, nel 2014 ne erano sufficienti 80 e l'anno scorso appunto
sono bastati 62 super ricchi a pareggiare la bilancia con i 3 miliardi e 600
milioni di persone più povere. La rosa dei più agiati, insomma, si restringe sempre
di più.
Per quel che riguarda il nostro
Paese, il rapporto indica che l'1 per cento più ricco degli italiani è in
possesso di quasi un quarto della ricchezza nazionale netta, una quota in
assoluto pari a 39 volte la ricchezza del 20 per cento più povero della
popolazione. Lo studio di Oxfam rileva inoltre che in Italia oltre la metà
dell'incremento della ricchezza è andato a beneficio del 10 per cento più
ricco. «L'elusione fiscale delle multinazionali ha un costo per i Paesi in via
di sviluppo stimato in 100 miliardi di dollari l'an- l'anno e per dare
un'istruzione scolastica a ogni bambino del continente nero.
L'allarme sull'aumento della
diseguaglianza non è una novità: rappresenta l'aspetto centrale del bestseller
dello scorso anno dell'economista francese Tomas Piketty Il capitale nel
21esimo secolo.
Appelli ad arginarla sono
arrivati da papa Francesco e dalla direttrice del Fmi Christine Lagarde. Allo
stesso tempo, altri dati rivelano che la povertà mondiale si sta riducendo: nel
2015, secondo cifre della Banca Mondiale, è calata al suo minimo da quando si
tengono simili statistiche, scendendo a circa 700 milioni di persone, il 9,6
per cento della popolazione globale, rispetto ai 900 milioni di persone in
condizioni di estrema povertà (condizione definibile come vivere con meno di 1
dollaro e 90 centesimi al giorno) nel 2012. Dunque il gap ricchi-poveri non è
in contraddizione con una diminuzione della povertà estrema: ma trasmette un
segnale di ingiustizia che a sua volta produce instabilità e secondo numerosi
economisti minaccia la salute dell'economia generale. Non a caso le cifre
dimostrano no e ha un impatto importante anche nei paesi come l'Italia»,
commenta Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia. «Il governo
italiano può agire per porre fine all'era dei paradisi fiscali, sostenendo a
livello nazionale e in Europa una serie di misure in tal senso». A questo scopo
il braccio italiano di Oxfam lancia la campagna "Sfida
l'ingiustizia", per dire basta ai paradisi fiscali.
Non c'è dubbio che i paradisi
fiscali rappresentino un problema, come sottolinea un altro aspetto del
rapporto. Dal 2000 al 2014 gli investimenti mondiali offshore sono
quadruplicati: si ritiene che oggi 7600 miliardi di dollari di ricchezze
private siano depositate in "paradisi" dove sfuggono alla tassazione
nazionale. Se sul reddito generato da questa ricchezza venissero pagate le
tasse, i governi avrebbero a disposizione 190 miliardi di dollari in più ogni
anno. Oxfam stima che almeno un terzo della ricchezza finanziaria dell'Africa
sia nascosto in paradisi fiscali: la perdita di 14 miliardi di dollari di
introiti basterebbe per creare strutture sanitarie in grado di salvare la vita
a 4 milioni di bambini africani che i Paesi meno diseguali, come la
Scandinavia, sono spesso i più prosperi.
La Oxfam diffonde il suo rapporto
alla vigilia del summit di Davos, dove ogni anno si riuniscono i leader
politici ed economici della terra, per esortare la comunità internazionale a
intervenire. «È inaccettabile che la metà più povera della popolazione del
mondo possieda meno di un piccolo gruppo di super ricchi», afferma Mark
Goldring, presidente esecutivo dell'ong basata a Londra. «La preoccupazione dei
leader mondiali per l'aumento della diseguaglianza non si è finora tradotta in
azioni concrete». La Oxfam propone tre iniziative: un giro di vite contro
l'evasione fiscale, maggiori investimenti nei servizi pubblici e salari più
alti per i lavoratori a basso reddito. «La diseguaglianza ha raggiunto livelli
insopportabili », conclude Duncan Exley, direttore esecutivo dell'associazione.
«Ormai è noto che un vasto gap tra i ricchi e tutti gli altri fa male
all'economia e alla società. È necessario che i politici si sveglino e
affrontino questa pericolosa concentrazione di ricchezza e di potere nelle mani
di così pochi».
(Pubblicato da la Repubblica
il 19 gennaio 2016)
A quale nazionalità appartengono i 62 supermiliardari
mercoledì 6 gennaio 2016
2016
POSTATO DAL PROF DI ITALIANO:
Ci vediamo domani!
Intanto, BUON ANNO a tutti voi
dal vostro prof
Ci vediamo domani!
Intanto, BUON ANNO a tutti voi
dal vostro prof
giovedì 10 dicembre 2015
Buon Natale a tutti
POSTATO DA PIETRO:
Questo post natalizio è speciale: io ora scriverò un breve racconto sul Natale in cui metterò 14 titoli di canzoni natalizie. Riuscirete a trovarli?
Anche quest'anno è già Natale, il bellissimo bianco Natale! A Natale, nella santa notte, a volte sono a casa, a volte in un ristorante. Questo Natale starò a casa o da mia nonna. Non credo che quest'anno canterò la filatrocca di Fra Martino. E le campane a Natale suonano, Din Don Dan e non a Natale suonano Din Don Dan. Babbo Natale, tu scendi dalle stelle e ci porti regali. Sei così potente e perciò, scusa Gesù, ti do del tu. In questo magico Natale... Buona notte ninna nanna ninna o. Questo è davvero il giorno più bello dell'anno , almeno oggi dio, lascia che nevichi. Ascoltando ''Adeste Fideles'' si dice ''Buon Natale in allegria.
Questo post natalizio è speciale: io ora scriverò un breve racconto sul Natale in cui metterò 14 titoli di canzoni natalizie. Riuscirete a trovarli?
Anche quest'anno è già Natale, il bellissimo bianco Natale! A Natale, nella santa notte, a volte sono a casa, a volte in un ristorante. Questo Natale starò a casa o da mia nonna. Non credo che quest'anno canterò la filatrocca di Fra Martino. E le campane a Natale suonano, Din Don Dan e non a Natale suonano Din Don Dan. Babbo Natale, tu scendi dalle stelle e ci porti regali. Sei così potente e perciò, scusa Gesù, ti do del tu. In questo magico Natale... Buona notte ninna nanna ninna o. Questo è davvero il giorno più bello dell'anno , almeno oggi dio, lascia che nevichi. Ascoltando ''Adeste Fideles'' si dice ''Buon Natale in allegria.
domenica 6 dicembre 2015
La'Marshall Corbett positivo al controllo antidoping
Un fulmine a ciel sereno. La'Marshall Corbett è risultato positivo al controllo antidoping effettuato lo scorso 7 novembre a Brescia, in occasione della gara vinta dalla De’ Longhi 84-78 contro la Centrale del Latte. La sostanza proibita riscontrata nelle urine della guardia americana è la cannabis. Il Coni ha avvertito la Federazione Italiana Pallacanestro ed il club del presidente Vazzoler. «La notizia ci coglie alla sprovvista - è il commento a caldo del direttore sportivo di Treviso Basket Andrea Gracis - Stiamo controllando la situazione e sicuramente faremo degli accertamenti. Solo in seguito a tutto ciò potremo prendere una decisione. Fino ad allora ci muoviamo con prudenza». In caso di conferma della positività, Corbett rischia una lunga squalifica, da sei mesi a due anni. In tale prospettiva la sua stagione, finora molto buona, si chiuderebbe anzitempo.
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