mercoledì 11 marzo 2015

Apple Watch: l'orologio "fine di mondo"



POSTATO DAL PROF D’ITALIANO:

L’ultimo gioiello dell’azienda di Cupertino permette anche di telefonare
Apple Watch
Dalle email al fitness
tutto il mondo in un orologio

 Tim Cook, ceo di Apple, presenta l'Apple Watch

DAL NOSTRO INVIATO Ernesto Assante
BERLINO - SI CHIAMA Apple Watch, ma l'unica cosa che ha di uguale a un orologio tradizionale è il cinturino. Il resto è nuovo, diverso, innovativo, per molti versi fantascientifico e sorprendente. Il nuovo orologio supertecnologico presentato ieri sera allo Yerba Buena Center di San Francisco e in teleconferenza a Berlino, da Tim Cook è l'"ordigno fine di mondo" (1) con il quale l'azienda di Cupertino (2) spera di fare quello che le è già riuscito con l'iPod, l'iPhone e l'iPad, ovvero imporre al mercato un nuovo standard, cambiare le abitudini delle persone, fondendo la tecnologia con la nostra vita, perché, come sottolinea Tim Cook, l'Apple Watch «non è con te, ma su di te». E la differenza non è piccola, perché una volta messo sul polso il nuovo device (3) vivrà con noi gran parte della nostra giornata mettendoci a disposizione centinaia di funzioni. «È il più avanzato orologio mai creato», dice Cook, «rivoluzionerà le comunicazioni e il fitness».
Cosa fa esattamente? L'orologio, innanzitutto, ma con un quadrante personalizzabile nello stile, nei colori e nei contenuti. Una volta sincronizzato con l'iPhone dal quale dipende, e con il quale comunica via Bluetooth e wi- fi, potremo conoscere non solo l'ora sul piccolo schermo da polso, ma anche avere notifiche, leggere email, fare e ricevere telefonate, avere notizie, sapere che tempo fa, gestire gli appuntamenti, usare le app più diffuse come Instagram, Twitter o centinaia di altre. Avremo al polso un dispositivo che tiene traccia dell'attività fisica, dei battiti cardiaci, di quanto stiamo seduti o di quanti gradini saliamo. Che ci permetterà di pagare il conto al supermercato o gestire a distanza l'apertura del garage, o guardare con una videocamera cosa accade in casa. Potremo dettare una mail, avere indicazioni stradali, controllare l'andamento dei mercati finanziari. Apple Watch è la prima realizzazione funzionante di quei personal communicator che vedevamo usati nei film di fantascienza. Solo che oggi la fantascienza è arrivata ad essere realtà, in un oggetto che ha le dimensioni di un orologio (anzi, due versioni: una da 38 e una da 42 millimetri), pesa pochissimo e ha un'infinità di funzioni, destinate a crescere attraverso le app sviluppate da aziende terze, com'è stato per l'iPhone e l'iPad.
Apple ne ha immaginati tre tipi. Il modello Sport, con un prezzo che parte da 349 dollari, per il grande pubblico, i fan della Apple, decisamente numerosi vista la base già presente sul mercato di iPhone, necessari per il funzionamento dell'orologio "smart", che non è provvisto di una propria sim card e quindi non ha possibilità di collegarsi autonomamente alla rete Internet. Quello in acciaio, che parte da 549 dollari, elegante e solido, punta ad aprire alla Apple le porte del mondo della moda. Poi, per un pubblico decisamente limitato, l'Apple Watch Edition, tutto d'oro 18 carati, con un prezzo esorbitante di 10.000 dollari. «È solo l'inizio», ha ripetuto Tim Cook. C'è da credergli: l'era dei "wearables", delle tecnologie indossabili, si è aperta ieri a San Francisco.

(1) ordigno fine del mondo = l’espressione era usata dal protagonista del film di Stanley Kubrick “Il dottor Stranamore” e si riferiva alla bomba atomica capace di distruggere il mondo; ora viene usata a volte (come in quest’articolo) per indicare una innovazione che sconvolgerà per sempre il nostro modo di vivere
(2) Cupertino = città della California (U.S.A.) considerata il cuore della Silicon Valley
(3) device = aggeggio, gingillo, attrezzo e simili.
[permettetemi uno sfogo:
Chiamarlo in italiano, no? Detesto questo snobismo che ci rende succubi dell’inglese, soprattutto se praticato dal giornale che leggo da una vita e che ogni tanto (per non dire ogni spesso) pubblica articoli sulla nostra sudditanza linguistica all’inglese. Cercate almeno di essere coerenti e, poiché non lo siete, caro Ernesto Assante, permettimi di mandarti dove non sta bene dirlo in un blog di ragazzi!]

pubblicato da la Repubblica il 10 marzo 2015

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