venerdì 18 settembre 2015

Inside Out



POSTATO DAL PROF DI ITALIANO:
Se ne è parlato stamattina in classe; ieri (17 settembre 2015) c’era questa recensione su la Repubblica

A partire da oggi l'animazione
sarà prima o dopo Riley
di Luca Raffaelli


CI SONO film che lasciano la sensazione meravigliata di aver riempito un vuoto. Dopo Inside Out verrebbe quasi da chiedersi: come si potrà raccontare la vita di altri personaggi senza tener conto di come è stata trattata Riley, l'adolescente protagonista di questo film? Le reazioni, le scelte degli esseri umani, ci dicono quelli della Pixar, sono frutto di mediazioni tra diverse emozioni. Così, grazie alle loro magie, entriamo nella mente della ragazza e scopriamo al Centro di Controllo Gioia, Tristezza, Disgusto, Rabbia e Paura, personaggi diversissimi e tutti fondamentali. Come dei dell'Olimpo, ma assai più coinvolti, controllano la vita della ragazza e nel film lo fanno in un momento per lei molto delicato: il padre è costretto per lavoro a trasferirsi dal Minnesota a San Francisco, ed è un disastro. Qui non c'è più la sua squadra di hockey, non conosce nessuno, e la casa non ha il giardino che amava tanto (è divertente notare che la Pixar abbia sede nel nord della California, vicino a San Francisco). Dunque, se Gioia (personaggio luminoso, che vive per il bene della ragazza) aveva prima il controllo della situazione, ora Tristezza e Rabbia cominciano a prendere spazio nella vita di Riley, e quella che era una ragazza allegra e positiva, diventa cupa e senza prospettive. E poi accade qualcosa di davvero grave: Gioia e Tristezza vengono per sbaglio risucchiate via dal Centro di Controllo. Così ha inizio un lungo e strabiliante viaggio dentro l'anima, la coscienza, l'immaginazione di un essere umano.
Pete Docter, regista del film (e co-ideatore e co-sceneggiatore in un'operazione che ha visto coinvolti centinaia di artisti e tecnici) nei cinque anni di lavoro lo ha immaginato come un enorme studio di animazione con tanti compartimenti diversi. C'è l'enorme magazzino in cui vengono conservate le esperienze sotto forma di palloni (di diverso colore a seconda dell'emozione che si portano dietro: il blu è, ovviamente, segno di malinconia). Poi, passando per pavimenti di cemento, binari e tubi di ogni grandezza, porte di metallo, si arriva dentro il "pensiero astratto" dove i personaggi si trasformano da esseri tridimensionali a bidimensionali, prima di essere solo linee e segni (sarebbe piaciuto sia a Dalì che a Miró). Ma dentro Riley ci sono anche le "isole" che rappresentano aspetti importanti della sua personalità: quella dell'hockey, della famiglia (bisognerebbe fermare il fotogramma per andare a vedere i tanti simboli che la abitano) e anche quella, bellissima, della "stupidera", che alimenta i momenti del divertimento più spontaneo.
Ma Inside , dentro, c'è molto, molto altro: ci sono grandi spazi da attraversare, ci sono le paure profonde, e poi i baratri bui in cui vengono dimenticati (o rimossi) i ricordi. Mentre Gioia e Tristezza ci fanno visitare tutte queste meraviglie cercando di tornare al Centro di Controllo (con loro anche Bing Bong, il commovente amico immaginario di Riley), si continua a seguire l' Out e la crisi della ragazza in attesa del finale.
Grandioso questo film che riesce a essere profondo eppure popolare, arguto eppure semplice, divertente eppure commovente. Ed è fantastico come, in un prodotto cinematografico, possa respirarsi tanto vero, sincero amore per il meraviglioso e imperfetto genere umano.

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